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Localizzazione negli USA: strategia Vincente per aggirare i dazi?

Con l’entrata in vigore di dazi al 15% sui prodotti europei dal 1° agosto 2025 e la prospettiva di ulteriori aumenti, le aziende europee devono rivedere urgentemente le loro strategie per il mercato americano.

Ma la localizzazione della produzione negli USA è una soluzione strategica e sostenibile per aggirare i dazi e costruire un vantaggio competitivo duraturo?

Proviamo a fare il punto su questo tema piuttosto complesso.

I nuovi dazi USA: un punto di non ritorno per i seller europei (almeno, per ora)

Cominciamo con ordine. La prima cosa che salta all’occhio è che la situazione attuale è profondamente diversa dal passato.

La nuova tornata di dazi ha infatti permesso a Trump di riportare le lancette indietro di un secolo. L’Unione Europea pagherà infatti agli Stati Uniti un’aliquota tariffaria del 15%, anche su auto e componenti auto, prodotti farmaceutici e semiconduttori. Tuttavia, i dazi su alcuni settori come acciaio e alluminio, saranno ancora maggiori.

C’è però una piccola clausola che apre scenari di interesse per chi vuole localizzare. Le tariffe ad-valorem previste dall’ordine esecutivo si applicano solo sul “contenuto” non statunitense di ciascun prodotto, a condizione che il “contenuto” statunitense costituisca almeno il 20% del valore del bene. Ovvero, se un’azienda riesce a raggiungere il 20% di contenuto americano nel proprio prodotto, i dazi si applicano solo sulla parte non americana, riducendo così l’impatto fiscale.

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Quali sono i vantaggi della localizzazione negli USA

Quanto sopra appena accennato, e quanto andremo a specificare nelle prossime righe, induce a riflettere sui vantaggi della localizzazione negli USA. Uno scenario a cui magari la maggior parte dei nostri lettori non aveva mai pensato in precedenza. Ma che ora emerge invece come un’opportunità da valutare.

Vediamo dunque quali sono i principali benefici della localizzazione negli USA per un venditore Amazon europeo.

Controllo della supply chain e maggiore flessibilità operativa

La pandemia e le recenti tensioni geopolitiche hanno evidenziato la fragilità delle catene globali di approvvigionamento. In questo contesto, localizzare negli USA significa costruire una sorta di fortezza operativa che protegge dalle tempeste geopolitiche globali.

La maggiore flessibilità e resilienza non è peraltro solo una mera questione di continuità operativa. Piuttosto, è un tassello fondamentale nel controllo strategico. Avere una produzione locale permette infatti alle aziende di supervisionare direttamente ogni aspetto del processo produttivo, dalla qualità ai tempi di consegna. Viene così eliminata la dipendenza da fornitori lontani e catene logistiche complesse.

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Il premium del “Made in USA” e la percezione del brand

Un elemento spesso sottovalutato dai seller europei è il potere del brand “Made in USA” nel mercato americano. Il 70% dei consumatori americani preferisce infatti i prodotti Made in America e il 50% è disposto a pagare il 10% in più per i prodotti fabbricati a livello nazionale. Insomma, un altro dato che può trasformare la localizzazione da costo a opportunità di revenue enhancement.

La localizzazione non elimina pertanto solo i costi dei dazi, ma può effettivamente aumentare i ricavi attraverso pricing premium. E non sono poche, in fondo, le aziende europee che hanno scoperto che il premium pricing del “Made in USA” non solo compensa i costi aggiuntivi della produzione locale, ma genera margini superiori rispetto alla strategia di export tradizionale.

Velocità di risposta e customer service americano

Il cliente tipico americano, molto attento al servizio, vuole avere la sicurezza della continuità della fornitura in tempi relativamente certi. La cultura business americana valorizza enormemente la velocità di risposta e l’affidabilità del servizio. Pertanto, un messaggio lasciato in segreteria o via e-mail con una risposta dopo diversi giorni è inaccettabile per gli standard americani.

Per i prodotti di consumo, questa realtà è ancora più marcata.

Quando e come localizzare

Fin qui, abbiamo parlato di localizzazione in termini volutamente generici. Tuttavia, la localizzazione è una strategia che merita di essere affrontata in maniera specifica. Vediamo, ad esempio, alcuni spunti a seconda dei settori di maggiore rilievo per i seller europei.

Prodotti di consumo ed e-commerce

Per il settore dei prodotti di consumo e e-commerce, la localizzazione è una opportunità competitiva che può realmente amplificare la propria capacità di concorrere. Negli Stati Uniti il marketing, come per tutti gli altri prodotti di largo consumo, è fondamentale anche per vendere prodotti alimentari, e questo marketing diventa inefficace se non supportato da una logistica locale efficiente.

Il successo nel retail americano richiede inoltre la capacità di rispondere immediatamente alle fluttuazioni della domanda e alle esigenze di personalizzazione. Le aziende che mantengono solo l’export dall’Europa si trovano costantemente in svantaggio competitivo rispetto a chi può garantire consegne rapide e servizio clienti locale.

La strategia vincente per questo settore prevede la creazione di

  • hub distributivi strategicamente posizionati
  • centri di fulfillment dedicati all’e-commerce
  • team di customer service che operano nei fusi orari americani.

L’investimento iniziale viene rapidamente ammortizzato attraverso l’eliminazione dei dazi e l’aumento delle vendite dovuto al miglior servizio.

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Macchinari e attrezzature industriali e B2B

Il settore dei macchinari industriali presenta opportunità molto importanti per i venditori europei. Il piano di rinnovo delle infrastrutture americane prevede investimenti per mille miliardi di dollari nel corso dei prossimi dieci anni. E non sfugge come alcuni Paesi europei come l’Italia, abbiano il pilastro dell’export in

  • macchinari
  • beni industriali
  • prodotti/servizi connessi all’impiantistica

che possono garantire un rapporto duraturo fra le parti grazie ai servizi post-vendita come la manutenzione.

Per questo settore, la localizzazione può essere implementata gradualmente. Si può iniziare con hub di servizi per manutenzione e assistenza tecnica. Poi, si procede con l’assemblaggio finale di componenti prodotti in Europa. Infine, si giunge a un graduale aumento del contenuto locale per raggiungere la soglia critica del 20%.

L’approccio graduale permette alle aziende di testare il mercato, costruire relazioni con fornitori locali e sviluppare competenze operative specifiche prima di impegnarsi in investimenti produttivi maggiori.

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Settore alimentare

Le cose sono ancora più specifiche per il settore alimentare. Il comparto presenta infatti dinamiche particolari che richiedono un approccio selettivo.

La strategia ottimale prevede in questo caso una distinzione tra prodotti che possono essere localizzati senza perdere valore percepito e prodotti che devono mantenere l’origine del Paese di provenienza. Prodotti trasformati come pasta industriale, conserve e preparati possono beneficiare della localizzazione. Prodotti identitari come vini DOP, formaggi tradizionali e oli extravergini di alta gamma mantengono il loro premium proprio grazie all’origine.

Alcune aziende alimentari stanno sperimentando modelli ibridi, dove la produzione primaria rimane nel Paese d’origine ma la trasformazione finale e il packaging avvengono negli USA, permettendo di ottimizzare sia l’autenticità che la logistica.

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I modelli di localizzazione: dal magazzino alla produzione integrata

La localizzazione negli Stati Uniti può avvenire attraverso l’applicazione di diversi modelli organizzativi e industriali. Vediamo insieme i principali.

Il modello hub logistico

Il modello più semplice e a basso rischio per iniziare la localizzazione consiste nella creazione di un hub logistico americano. L’approccio richiede investimenti relativamente contenuti e può essere implementato in 3-6 mesi. L’hub logistico serve per lo stoccaggio di prodotti finiti, il fulfillment verso i clienti finali e il customer service di primo livello.

Benché questo modello non elimini completamente i dazi (i prodotti continuano a essere importati come beni finiti), offre vantaggi significativi in termini di

  • velocità di consegna
  • servizio clienti.

Molte aziende utilizzano questa fase come test di mercato per valutare la domanda locale prima di procedere con investimenti maggiori.

L’hub logistico permette anche di sviluppare competenze operative locali, costruire relazioni con fornitori di servizi americani e comprendere meglio le dinamiche del mercato. Conoscenze che si rivelano evidentemente preziose quando l’azienda decide di procedere con fasi successive di localizzazione.

Il modello assemblaggio e finishing

Un secondo livello di localizzazione è quello della creazione di centri di assemblaggio e finishing che combinano componenti importati dall’Europa con lavorazioni locali. Il modello, implementabile in 6-12 mesi con investimenti medi, offre il miglior equilibrio tra costi e benefici per molte aziende.

L’obiettivo strategico è raggiungere almeno il 20% di contenuto americano per beneficiare della già citata riduzione della base imponibile dei dazi. Non è un traguardo impossibile: può infatti essere ottenuto attraverso assemblaggio finale, personalizzazione di prodotti, quality control locale e integrazione con fornitori americani per componenti specifici.

Molte aziende scoprono che questo modello non solo riduce i dazi ma migliora anche la qualità percepita dai clienti americani, che apprezzano la capacità di personalizzazione e la velocità di risposta. Il modello assemblaggio permette inoltre di mantenere il controllo su componenti core e tecnologie proprietarie, che rimangono prodotti in Europa.

Il modello produzione locale completa

Il livello più avanzato di localizzazione prevede la creazione di uno stabilimento produttivo completo negli USA. L’approccio richiede investimenti significativi e tempi di implementazione di 12-24 mesi. In cambio, offre i benefici massimi in termini di eliminazione dei dazi e accesso al premium “Made in USA”.

La produzione locale completa permette alle aziende di integrarsi completamente nell’ecosistema industriale americano, sviluppando relazioni dirette con fornitori locali e accedendo a competenze specifiche del mercato. Il modello è particolarmente vantaggioso per aziende con volumi elevati e prodotti ad alto valore aggiunto.

La sovranità operativa offerta da questo modello protegge le aziende non solo dai dazi attuali ma anche da future escalation commerciali. Le aziende che raggiungono questo livello di localizzazione diventano effettivamente player domestici nel mercato americano, con tutti i vantaggi competitivi che questo comporta.

Analisi finanziaria della localizzazione

Al fine di comprendere la convenienza economica della localizzazione, consideriamo il caso di un’azienda europea tipo che esporta 10 milioni di euro annui negli USA. Nello scenario attuale, con dazi al 15%, l’azienda affronta costi aggiuntivi annui di 1,5 milioni di euro per i dazi. In più, sostiene circa 300.000 euro di costi logistici internazionali. In totale, 1,8 milioni di euro di costi aggiuntivi annui.

Implementando un modello di localizzazione di livello intermedio (assemblaggio e finishing), l’azienda deve sostenere un investimento iniziale di 2-3 milioni di euro. In aggiunta, costi operativi di circa 500.000 euro annui. Tuttavia, può ridurre i dazi dell’80% (risparmiando 1,2 milioni annui) e i costi logistici di 200.000 euro annui. Si genera così un risparmio netto di 900.000 euro annui.

Il payback period risulta quindi di 2,5-3 anni. Un orizzonte temporale accettabile considerando che i benefici si estendono ben oltre il semplice risparmio sui dazi. L’analisi non può infatti che considerare anche i vantaggi quantificabili aggiuntivi della localizzazione.

I benefici “nascosti” della localizzazione

Oltre al risparmio diretto sui dazi, la localizzazione genera benefici spesso sottovalutati nelle analisi tradizionali. Il premium pricing derivante dal “Made in USA” può aumentare i prezzi finali del 5-10%, generando un incremento di fatturato che da solo può giustificare l’investimento.

La riduzione dei tempi di consegna permette inoltre di ottimizzare i livelli di inventario del 20-30%, liberando capitale circolante e riducendo i costi di magazzino. Molte aziende sperimentano anche un incremento della quota di mercato del 15-25% grazie al miglior servizio clienti e alla maggiore reattività alle esigenze del mercato.

Il miglioramento della customer satisfaction si traduce in tassi di retention più elevati e un aumento del valore medio degli ordini. Benefici che, benché difficili da quantificare precisamente ex-ante, contribuiscono significativamente al ROI complessivo dell’operazione di localizzazione.

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Una roadmap per implementare la localizzazione negli USA

Condividiamo ora una breve roadmap di implementazione della strategia di localizzazione negli USA, cominciando dall’analisi e dalla pianificazione.

Fase 1: analisi e pianificazione strategica

Il primo passo verso una localizzazione di successo è evidentemente quello di un’analisi approfondita del mercato americano, specifica per il settore di riferimento. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati più importanti per le esportazioni europee, ma è bene non dare per scontato il mantenimento di questi volumi. Il suo consolidamento richiede infatti una comprensione profonda delle dinamiche locali.

L’analisi deve includere

  • una valutazione dettagliata della filiera distributiva locale
  • l’identificazione dei requisiti normativi specifici per il settore
  • una comprensione approfondita del comportamento dei consumatori americani.

Molte aziende sottovalutano purtroppo le differenze culturali nel modo di fare business, che possono determinare il successo o il fallimento dell’iniziativa.

Anche la scelta geografica è elemento importante, spesso trascurato. Capire in quale Stato il proprio business potrà avere successo è una delle cose fondamentali a cui pensare. Fattori come

  • la prossimità ai clienti target
  • gli incentivi fiscali statali
  • la disponibilità di manodopera qualificata
  • le infrastrutture logistiche

devono essere valutati attentamente.

Fase 2: setup legale e operativo

Una volta definita la strategia, ci si deve orientare nel panorama legale americano. Gli Stati Uniti sono retti da un ordinamento di tipo federale. Si compone dunque degli ordinamenti propri dei 50 Stati che ne fanno parte, più il District of Columbia. Quanto basta per capire che questa complessità richiede competenze specialistiche per evitare errori costosi.

La costituzione della struttura societaria appropriata (LLC o Corporation) deve essere allineata con gli obiettivi fiscali e operativi dell’azienda. L’ottenimento dell’EIN (Employer Identification Number) e il setup del sistema fiscale e contabile richiedono una comprensione approfondita delle normative federali e statali.

La fase di identificazione della location deve considerare non solo i costi diretti ma anche gli incentivi disponibili. Molti Stati americani offrono pacchetti di incentivi significativi per attrarre investimenti stranieri, che possono ridurre sostanzialmente i costi di startup e i costi operativi iniziali.

Fase 3: operativizzazione e team building

L’avvio delle operazioni è poi la terza e più critica fase dell’intero processo. La costruzione di un team locale competente necessita infatti di una comprensione approfondita del mercato del lavoro americano e delle dinamiche di compensazione locali:

  • regole giuridiche e commerciali
  • usi e costumi d’affari

sono profondamente diversi da quelli vigenti in Europa.

Anche il setup della supply chain locale richiede l’identificazione e la qualificazione di fornitori americani che possano soddisfare gli standard qualitativi europei. E non è un caso che questa fase spesso rivela opportunità di miglioramento dei processi produttivi attraverso l’integrazione di tecnologie e metodologie americane.

L’implementazione dei sistemi IT deve garantire l’integrazione con i sistemi europei esistenti mantenendo la compliance con le normative americane sulla privacy e la sicurezza dei dati. La fase di testing e ottimizzazione permette di identificare e risolvere problemi operativi prima del lancio su scala completa.

Fase 4: scale-up e ottimizzazione continua

Arriviamo così alla quarta fase, quella di scale-up, che permette di massimizzare i benefici della localizzazione. L’incremento graduale dei volumi produttivi deve essere accompagnato da un’espansione della gamma di prodotti localizzati e dallo sviluppo di una rete di fornitori locali sempre più integrata.

Lo sviluppo di capacità innovative locali permette alle aziende di adattare i prodotti specificamente per il mercato americano. Si creano così vantaggi competitivi difficilmente replicabili dai concorrenti che operano solo attraverso export. La fase di ottimizzazione continua deve monitorare costantemente l’evoluzione del mercato e adattare la strategia di conseguenza.

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Come gestire i rischi

Come risulta evidente, un processo così complesso come quello della localizzazione espone l’imprenditore a rischi di varia natura e portata.

Il primo e più grande ostacolo è legato alla complessità normativa americana. Ciascuno Stato è infatti caratterizzato da una propria giurisdizione, che si somma all’ordinamento elaborato dal Governo Federale.

La gestione delle risorse umane è altro elemento importante, poiché richiede un adattamento culturale significativo. Di fatto

  •  le aspettative dei lavoratori americani
  • le dinamiche di remunerazione
  • i benefici standard
  • le normative sul lavoro

differiscono sostanzialmente da quelle europee. La costruzione di una cultura aziendale che integri i valori europei con le aspettative americane richiede leadership esperta e sensibilità culturale.

Il mantenimento degli standard qualitativi europei in un contesto produttivo americano presenta sfide tecniche e organizzative. La formazione del personale locale, l’adattamento dei processi produttivi e l’implementazione di sistemi di controllo qualità richiedono investimenti significativi in tempo e risorse.

Come mitigare i rischi

Una strategia efficace per mitigare i rischi è certamente quella dello sviluppo di partnership strategiche con aziende locali che possano accelerare il processo di apprendimento e ridurre i rischi operativi. Molte aziende europee di successo hanno utilizzato joint ventures o alleanze strategiche per accedere rapidamente a competenze locali e reti distributive consolidate.

Anche il ricorso a consulenti specializzati con esperienza specifica nel settore può prevenire errori costosi e accelerare significativamente i tempi di implementazione. La scelta di consulenti che comprendano sia il mercato americano che le peculiarità del business europeo è dunque fondamentale per il successo dell’operazione.

L’approccio graduale permette di limitare i rischi attraverso un apprendimento progressivo. Iniziare con operazioni limitate e espandere gradualmente sulla base dell’esperienza acquisita riduce l’esposizione finanziaria e permette di correggere errori strategici prima che diventino costosi.

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Le alternative ad una localizzazione completa negli USA

La localizzazione completa negli USA è una soluzione per aggirare i dazi, ma non certo l’unica. Il Messico, ad esempio, è un’alternativa interessante alla localizzazione diretta negli USA grazie agli accordi commerciali NAFTA/USMCA. Aziende provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada stanno trasferendo parte dei loro servizi nel Paese, con vantaggi per entrambe le parti. La strategia può infatti offrire accesso preferenziale al mercato USA con costi di manodopera più bassi e complessità normative ridotte.

Il nearshoring messicano permette alle aziende europee di beneficiare delle tariffe preferenziali per l’accesso al mercato USA. E, in più, di mantenere i costi operativi più contenuti rispetto alla localizzazione diretta. Tuttavia, questa strategia può non offrire gli stessi vantaggi in termini di

  • percezione del brand
  • premium pricing del “Made in USA”.

Un approccio alternativo prevede lo sviluppo di partnership strategiche con produttori americani già esistenti sul mercato. Le collaborazioni possono assumere la forma di

  • joint ventures per progetti specifici
  • licensing di tecnologie per produzione locale
  • accordi di co-manufacturing che combinano le competenze europee con le capacità produttive americane.

Le partnership permettono di accedere rapidamente a

  • capacità produttive locali
  • reti distributive consolidate
  • competenze di mercato specifiche,

riducendo significativamente i tempi e i costi di entry. Tuttavia, richiedono una gestione attenta della proprietà intellettuale e degli accordi commerciali per evitare conflitti futuri.

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